29 gennaio 2016

Rimprovero di padre


Quella mattina a Palermo ho visto il mare, era disteso tranquillo sotto un lenzuolo sgualcito di nuvole.
Mi resi conto che in qualche modo cercava di parlarmi.
Dall'aereo non capivo cosa dicesse, allora chiesi al conducente di fermarsi un attimo e scesi per ascoltare.
Il suo parlare era lento e cadenzato, direi quasi ondoso.
All'inizio non capivo bene cosa dicesse, poi cominciai ad afferrare il discorso...
"...Caro figlio, non ti sei reso conto, la gente non  fa sconti, sono tutti volti al se supremo, individualisti, finti e poi chi dice che la bruttezza esteriore è per forza bellezza interiore, la gente non fa sconti, deve guadagnare qualcosa in tutto, devi seguire la via non l'istinto per essere sereno, tua madre, il cielo, lo dice sempre 《i nostro figli sono degli sciocchi si fanno incantare dagli uomini》 ed io gli do  ragione. Quindi abbi cuore aiutati a non soffrire più."
Su quel raggio di luce che mi reggeva, incominciai a piangere e le mie lacrime si trasformarono in pioggia battente sul mondo sotto di me. Mio padre, il mare, tacque in quell'istante per sempre.
Decisi di rientrare in cabina, diedi una mancia al conducente paziente, che riprese a volare.
Lui subito, mi chiese del perché piangessi... mi voltai e andandomi a sedere al mio posto, il numero quarantatre, dissi: "ero innamorato e mi sono reso conto che invece mi aveva annullato..."
I miei compagni d'alta quota mi guardavano esterrefatti ... Uno di loro si alzò e mi disse che aveva ascoltato anche lui la mia discussione con il mare, dal suo finestrino aperto e che non sopportando il peso delle parole di mio padre benevolo,  si sarebbe fatto morire da subito... io dissi di no urlando a scarica gola, ma lui aveva deciso. Dal posto numero cinque il passo alla porta era breve... tutti lo vedemmo volare giù senza nemmeno cercare di afferrare un raggio di sole o un lembo di nuvola per non morire. Il conducendo cercò di frenare sterzata rapidamente, ma la terra lo accolse con un tonfo sordo. Se ne era andato per sempre dal nostro aereo, sul posto numero cinque c'era ancora il biglietto ed era nominativo... mi resi conto che era morto il signor Felice Sorriso.
Piansi ancora e mi guardai attorno, ero rimasto con tanti compagni... ma nessuno osò mai più guardarmi in faccia... non sopportavano il mio pianto ininterrotto.
Sono ancora, dopo tanti anni, a bordo di quel veivolo... non mi sono più affacciato per sentire cosa dicono fuori da me... viaggio... non mi curo e soprattutto non penso più... solo il rimprovero di mio padre è rimasto... e con la terra morta, ai miei piedi, continuerò a volare senza mai smettere di piangere.

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