24 aprile 2011

Il fabbricante di chiodi. Lo scambio

In mezzo al mercato un uomo con un asino da lontano mi guardava., sembrava più sperduto di me.
Cominciavo a sentire fame. Non so come ma sorridendo mi avvicinai.
Era di mezza età e dall’abbigliamento era molto ricco.
Chiesi: “ Sei interessato a comprare 20 chiodi di una durezza incredibile?”
Il mercato vociava c’era un confusione incredibile.
Lui mi guardò:
“Ragazzo è da un po’ che ti guardo, volevo capire cosa facessi qui”
“Sono un fabbro e sto cercando di fare dei soldi per andare via da questa città, vorrei cercare una via diversa affacciarmi al mare….. scappare”
“Vuoi liberarti dai padroni…. Dai Romani….. Pensa io in tanti anni io sono il loro ebanista. Mi sento Schiavo anche se mi fanno un sacco di regali in oro e conduco una vita agiata.
Vuoi scappare, allora scappa e non girarti indietro non guardare mai alla tua vita passata.
Quanto vuoi per i tuoi chiodi?”
“Ti ringrazio mi basterebbero i soldi per un cammello e qualcosa per mangiare.”
“Prendi il mio asino allora, io tornerò in bottega a piedi i chiodi non li prendo tutti me ne servono solo nove. Così puoi scambiare ancora durante il tuo viaggio.”
“Ti ringrazio infinitamente l’asino non sarà il massimo per il deserto ma almeno arriverò alla mia destinazione in fretta.”
“Spero che il mio aiuto ti serva a rendere libero almeno te, prendi anche questi così comprerai qualcosa da mangiare e da bere da portare con te…. Il deserto è duro, te lo dice uno che lo ha fatto con la sua famiglia al tempo dell’esodo. Sono sempre stato schiavo, va ragazzo libera anche la mi anima.”
“Grazie.”Dissi già in sella all’asino.
“Non guardare alle cose che lasci scappa!” L’ebanista gridava a gran voce sovrastando il vociare del mercato con i chiodi che gli avevo contato tra le mani.
“Non guarderò indietro, sarò uomo libero e i miei oggetti serviranno solo a progredire il commercio.”

23 aprile 2011

Il fabbricante di chiodi. Yom khamishi di Pasqua

Mi trovavo ormai da quasi 4 giorni a Gerusalemme, la pasqua era iniziata tre giorni prima.
Non ero riuscito a trovare nessun cammello. Era come se il mio Dio mi avesse abbandonato. Eppure era Pesh, era la festa che ricordava l’esodo, la liberazione dalla schiavitù.
Dormivo ormai da quando ero arrivato all’interno dell’Atrio dei Gentili, che era usato abitualmente come mercato potevano accedere soltanto gli Ebrei come me ed i romani, ne stavano fuori, per non suscitare malcontento.
Mi rendevo conto che comunque i miei chiodi non interessavano a nessuno e soprattutto non mi volevano dare assolutamente un cammello barattandoli ma avevo solo quello.
Erano davvero durissimi, avevo accidentalmente versato un pò di arsenico nello stampo il girono in cui avevo li avevo fatti.
Già l’arsenico me lo avevano dato i Romani qualora non avessi voluto collaborare, mi davano la possibilità di morire con onore.
Erano diventati durissimi non ero riuscito ad aprire subito lo stampo ed avevo provato ad aprirlo con una grossa mazza.
Quando avevo visto la boccia di arsenico vuota sulla mensola sopra lo stampo avevo pensato che sarebbe stato un disastro.
Pensavo di distruggere anche i chiodi con la mazza, invece lo stampo era andato perso e i miei piani sfumati, ma in realtà i chiodi erano rimasti.
Avevo provato a piegarli ma nulla era una lega dura come mai era venuta.
Avevo messo i chiodi e lo stampo rotto in una borsa ed ero corso via.

22 aprile 2011

Il fabbricante di chiodi. Un giorno prima della pasqua

Rumori pazzeschi, lasciatemi in pace voglio addormentarmi.
Ma no, stanno bussando, il gallo canta, sono arrivati mentre dormivo.
Ero tanto stanco da non volere svegliarmi. Questo lavoro mi sfiniva.
Non ricordo i sogni che avevo fatto eppure sognavo ogni notte.
Ero come intorpidito, i legionari erano alla mia porta.
Come tutti i Romani che si erano stanziati nella mia terra, erano molto mattinieri, secondo me non soffrivano bene il caldo umido che c’era rispetto alla loro Roma.
Aprendo e guardandoli come ogni volta che li vedevo impeccabili con le loro uniformi pulite, non sapevo cosa dire. Tra l’altro, non parlavo bene la loro lingua, cercai di fare qualche gesto per farli entrare.
Erano tanti li fuori.
Ne contai dieci che entravano velocemente all’interno della mia officina fermandosi in modo da creare una catena a passa mano che andava dalla zona in cui le armi erano stoccate alla porta d’ingresso sulla quale ero fermo.
La sedia dove mi ero addormentato, era al lato di un tavolo che usavo per assemblare dei pezzi per passare comodi a prendere le loro Armi, non avevano esitato a spostarla.
Mi sentivo vecchio nella passaggio dei militari, mi ero accorto che certe armature erano così lucide che riuscivo a riflettermi.
Mi vedevo stanco, sporco di fuliggine, la barba incolta. La pezza in testa sporca di nero carbone.
Ero brutto fuori e soprattutto dentro.
Avevo fabbricato oggetti che avrebbe ucciso persone, gente che mi apparteneva e chissà quanti altri. Oggetti che usati nel giusto modo sarebbero serviti a mantenere ordine, giustizia e disciplina, mentre usati per l’attacco avrebbero di sicuro tolto ad altri poveri innocenti la loro libertà.
Non volevo essere più così.
Mi avevano costretto a fare le armi per loro, ero un schiavo, ma mi rispettavano e avevano fatto si che mangiassi bene.
Non avevo mai creato una famiglia la mia era una vita del tutto priva di senso, ma avendo paura della morte avevo accettato la schiavitù senza ribellione.
Quando anche l’ultima spada era uscita dalla mia forgia, un militare che era rimasto in disparte a guardare, si avvicino e mi diede una pacca sulla spalla. Mi lasciò sul tavolo delle monete d’oro.
Non le toccai nemmeno, erano già sporche di sangue.
Con il materiale che mi era rimasto, mi misi subito al lavoro per costruire almeno una ventina di chiodi. Sarei scappato prima di sera, per due tre giorni, nessuno mi avrebbe cercato, mi avrebbero dato il tempo di riposare, per essere di nuovo comandato alla costruzione di nuovi strumenti di morte.
Avrei fatto i migliori chiodi di sempre, la stessa notte camminando di buon passo, sarei arrivato a Gerusalemme per dormire.
L’indomani iniziava la pasqua avrei aspettato qualche giorno e sarei partito per Azotus.
Dovevo fare presto a Gerusalemme avrei pagato con i chiodi un cammello e avrei fatto tutto per non dare dell’occhio.
Sciolsi il rame e poi subito lo stagno avendo cura che entrambe raggiungessero la temperatura ideale, avevo da qualche parte lo stampo.
Mescolai assieme i due metalli ed aumentai la temperatura.
La lordura che avevo visto nel riflesso della corazza, si era sciolta.

21 aprile 2011

Il fabbricante di chiodi. Due giorni prima della pasqua.

Mi guardavo intorno vedendo che la mia opera era ormai compiuta.
Avevo freddo, la fornace era ormai spenta.
Era notte e guardavo attonito quello che avevo fatto.
Tutte le spade erano allineate e pronte, i legionari, le avrebbero prese l’indomani mattina.
Tra due giorni sarebbe iniziata la pasqua .
La Torah narrava di come Dio annuncia al popolo di Israele, schiavo in Egitto, che lui lo avrebbe liberato.
"In questa notte io passerò attraverso l'Egitto e colpirò a morte ogni primogenito egiziano, sia fra le genti che tra il bestiame." "Io vedrò il sangue e passerò oltre, colpirò invece con il mio castigo l'intero Egitto, e a voi non succederà niente".
Così aveva detto Dio.
Ma ancora una volta siamo schiavi di questi ignobili esseri che si credono forti e usano la loro conoscenza per fare morte e distruzione ci vorrebbe un altro intervento di Dio.
Ma adesso basta, da domani non farò più nessuna spada, mi inventerò un lavoro, ho sentito che ad Azotus dai Filistei cercano maniscalchi che fabbricano chiodi per le navi.
Chiodi di bronzo purissimo.
Serviranno alla costruzione di un grande nave i miei saranno i migliori tra i chiodi di Azotus.
Domani mattina comincerò a forgiarne qualcuno.
Ho in mente mille idee voglio rendere più forte alla corrosione il mio bronzo, voglio essere il migliore.
Andrò a vedere cosa posso inserire ancora nella lega.
Inserirò ancora stagno fino a trovare la durezza giusta.
Senza accorgermi mi stavo assopendo.

13 aprile 2011

Major

Mi arrampico su per il pendio
mi guardo indietro
ma è inutile
la mia anima non c'è più.
Sarà divisa, strazziata
al suo posto una persiana chiusa.
Allora la chiamo,
non risponde.
Sarà impaurita,
in tutto quel buio
avrà bisogno di tempo per riprendere vita.

05 aprile 2011

sursum onde

Sum in misericordia hic unda ...
sursum est, umbra tantum est...
Saepius, obruent.
In me sic ego suffocant appennea
nec sequor sentio vivere
Possum quin acceperis.





Sono in balia di queste onde...
sono alte e fanno solo ombra...
Spesso mi sommergono.
In appennea mi soffoca
e il non sentirmi vivo mi fanno ricordare
che non posso fare altro che accettare.


03 aprile 2011

semplici

Spesso si dice che ci siano vite
unite a cavallo di ere lontane...
coloro che sentono sanno di cosa parlo
non bisogna desiderare nient'altro che
amore, rispetto, figli
solo questo
niente altro.


02 aprile 2011

brace di speranza





È semplice alimentare un fuoco
la speranza si riaccende
avvilisce solo la modalità
di reazione.
Rendersi imprevedibili risulta
elargire spunti nei quali perdersi
e nei quali trovarsi
Basta per semplicità essere
infelici, condizione nella quale
il genere umano guada senza troppe storie.