22 aprile 2011

Il fabbricante di chiodi. Un giorno prima della pasqua

Rumori pazzeschi, lasciatemi in pace voglio addormentarmi.
Ma no, stanno bussando, il gallo canta, sono arrivati mentre dormivo.
Ero tanto stanco da non volere svegliarmi. Questo lavoro mi sfiniva.
Non ricordo i sogni che avevo fatto eppure sognavo ogni notte.
Ero come intorpidito, i legionari erano alla mia porta.
Come tutti i Romani che si erano stanziati nella mia terra, erano molto mattinieri, secondo me non soffrivano bene il caldo umido che c’era rispetto alla loro Roma.
Aprendo e guardandoli come ogni volta che li vedevo impeccabili con le loro uniformi pulite, non sapevo cosa dire. Tra l’altro, non parlavo bene la loro lingua, cercai di fare qualche gesto per farli entrare.
Erano tanti li fuori.
Ne contai dieci che entravano velocemente all’interno della mia officina fermandosi in modo da creare una catena a passa mano che andava dalla zona in cui le armi erano stoccate alla porta d’ingresso sulla quale ero fermo.
La sedia dove mi ero addormentato, era al lato di un tavolo che usavo per assemblare dei pezzi per passare comodi a prendere le loro Armi, non avevano esitato a spostarla.
Mi sentivo vecchio nella passaggio dei militari, mi ero accorto che certe armature erano così lucide che riuscivo a riflettermi.
Mi vedevo stanco, sporco di fuliggine, la barba incolta. La pezza in testa sporca di nero carbone.
Ero brutto fuori e soprattutto dentro.
Avevo fabbricato oggetti che avrebbe ucciso persone, gente che mi apparteneva e chissà quanti altri. Oggetti che usati nel giusto modo sarebbero serviti a mantenere ordine, giustizia e disciplina, mentre usati per l’attacco avrebbero di sicuro tolto ad altri poveri innocenti la loro libertà.
Non volevo essere più così.
Mi avevano costretto a fare le armi per loro, ero un schiavo, ma mi rispettavano e avevano fatto si che mangiassi bene.
Non avevo mai creato una famiglia la mia era una vita del tutto priva di senso, ma avendo paura della morte avevo accettato la schiavitù senza ribellione.
Quando anche l’ultima spada era uscita dalla mia forgia, un militare che era rimasto in disparte a guardare, si avvicino e mi diede una pacca sulla spalla. Mi lasciò sul tavolo delle monete d’oro.
Non le toccai nemmeno, erano già sporche di sangue.
Con il materiale che mi era rimasto, mi misi subito al lavoro per costruire almeno una ventina di chiodi. Sarei scappato prima di sera, per due tre giorni, nessuno mi avrebbe cercato, mi avrebbero dato il tempo di riposare, per essere di nuovo comandato alla costruzione di nuovi strumenti di morte.
Avrei fatto i migliori chiodi di sempre, la stessa notte camminando di buon passo, sarei arrivato a Gerusalemme per dormire.
L’indomani iniziava la pasqua avrei aspettato qualche giorno e sarei partito per Azotus.
Dovevo fare presto a Gerusalemme avrei pagato con i chiodi un cammello e avrei fatto tutto per non dare dell’occhio.
Sciolsi il rame e poi subito lo stagno avendo cura che entrambe raggiungessero la temperatura ideale, avevo da qualche parte lo stampo.
Mescolai assieme i due metalli ed aumentai la temperatura.
La lordura che avevo visto nel riflesso della corazza, si era sciolta.

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